I primi nostri consigli hanno tinte sbiadite, ma non in un’accezione negativa, solo che i loro colori sono stati consumati dal tempo, come quelli di una vecchia pergamena, giacché riguardano itinerari fiabeschi fra torri e castelli d’epoca cinquecentesca. Strutture fortificate le une e gli altri, innalzate o potenziate in età aragonese per ordine di Carlo V, per proteggere il territorio dalle incursioni nemiche, soprattutto in seguito al tragico eccidio perpetrato dal popolo turco ai danni degli abitanti di Otranto (per aver rifiutato la conversione alla religione musulmana) nel lontano, ma solo nel tempo e non nella memoria, 1480, di cui resta traccia nelle ossa visibili dietro il vetro della teca murata nell’abside della Cattedrale otrantina. La guardia sarebbe stata abbassata solo nel 1800 circa, ma fino ad allora castelli e torri avrebbero custodito (ed utilizzato) al loro interno le armi del tempo, dalle alabarde agli archibugi, ed anche i cannoni a palle.

Tra le antiche postazioni di vedetta, vi segnaliamo soprattutto quelle sul litorale che fa capo a Nardò (Torre del Fiume, Torre dell’Alto, Torre Inserraglio, Torre Squillace, Torre Chianca, Torre Castiglione, Torre Santa Caterina, Torre Uluzzo, Torre Sant’Isidoro, Torre Cesarea, Torre Lapillo e Torre Colimena), ma non meno interessanti sono i racconti storici che si possono leggere sulle pareti di Torre del Serpe (Otranto), ancora sull’Adriatico le torri che presidiano le marine di Melendugno e Lecce, mentre sull’altro fianco, quello occidentale, degne di nota sono Torre Suda, Torre San Giovanni, Torre Mozza, Torre Pali, Torre Vado e Torre San Gregorio.

I castelli più maestosi, invece, sono certamente quello aragonese di Otranto, quello angioino di Gallipoli, quello di Carlo V a Lecce, ma si eleva sopra quello degli altri anche il fascino del castello di Corigliano d’Otranto, quello di Castro e quello di Copertino.

Castello di Otranto

 

Andando avanti con i nostri suggerimenti, se i precedenti avevano il volto sbiadito, questi sono addirittura segnati dalle rughe del tempo, giacché bisogna risalire indietro fino alla preistoria. A chi vuol conoscere i primordi del Salento, allora, consigliamo un percorso tra i monumenti megalitici e le grotte. I primi sono strutture costituite da blocchi di pietra disposti variamente (lastre verticali per i menhir, orizzontali per i dolmen, irregolari le specchie), con funzione di altari, tombe, o di simboli propiziatori di fecondità: si osservano soprattutto nell’area tra Giurdignano (che vanta il titolo di “giardino megalitico d’Italia“), Minervino, Martano, Giuggianello e Otranto. Le seconde sono antri naturali e preziosi, perché alcune di esse sono state importanti per ricostruire la cronologia più remota, in virtù del ritrovamento d’importanti reperti: Grotta Febbraro e Grotta Montani a Salve, Grotta di Sant’Ermete a Matino e Grotta delle Veneri a Parabita.

Dolmen di Giurdignano

Ma le grotte d’importanza storica sono anche quelle nascoste nei fondali (soprattutto Grotta Romanelli a Castro e Grotta del Cavallo di Porto Selvaggio), e qui le nostre indicazioni per il vostro viaggio riprendono le tinte più accese, quelle del mare, con sfumature color zaffiro e smeraldo.

Di spiagge da consigliarvi, ce ne sono davvero tante. Sabbiose sul versante ionico occidentale: indubbiamente Porto Cesareo, Gallipoli e le marine di Ugento e Salve (quest’ultime hanno ottenuto, per il 2012, la famosa Bandiera Blu). Sulla costa adriatica orientale, invece, i granelli di sabbia ricoprono il litorale di Lecce, Melendugno (che ha ottenuto la Bandiera Blu 2012 ed anche le 5 vele di Legambiente), Otranto. Un tuffo dalla scogliera, per chi lo preferisse, può essere fatto da Castro e Santa Cesarea sul fianco est del Salento; dalle marine di Nardò, da Torre Vado e San Gregorio su quello ovest, fino alla frastagliata ed impervia costa di Santa Maria di Leuca, all’estremo sud.

Faraglioni di Torre dell'Orso

 

Ma oltre al mare c’è la natura, allora i nostri consigli diventano “sempreverdi” se puntiamo il dito sulle aree rurali del Salento, dove, all’ombra di ulivi secolari e alberi di fico, balzeranno al vostro sguardo interessanti testimonianze della civiltà contadina: le “pajare” (abitazioni trulliformi presenti soprattutto nelle campagne di Salve), le masserie (immense aziende agricole fortificate, una sorta di cittadelle che riunivano i proprietari dei terreni, i braccianti agricoli, gli animali, mentre oggi la maggior parte è stata riconvertita in azienda agrituristica) e i muretti a secco (costituiti da blocchi di pietra non cementati, ma innalzati con maestria dal “patitaru” con grossi chiodi e il piccone, al fine di difendere le colture dal vento). Il frutto prezioso degli ulivi, invece, i contadini lo trasformavano in olio all’interno dei frantoi ipogei, scavati nella roccia per creare un ambiente adatto a preservare le pregiate qualità del prodotto finale: vi segnaliamo quello di Palazzo Granafei a Gallipoli e quelli osservabili a Presicce, nota come “città sotterranea”.

Pajara

La natura salentina non è solo quella “selvaggia” delle campagne, però, ma anche quella rara e incontaminata, racchiusa all’interno dei numerosi Parchi naturalistici, dove, tra specie faunistiche e floristiche in via d’estinzione, si respira un’aria pura e salutare. Da visitare: il “Parco naturale regionale Bosco e paludi di Rauccio” di Lecce; il “Parco naturale regionale Porto Selvaggio e Palude del Capitano”, nel territorio di Nardò; ” l’oasi protetta dei laghi Alimini, nel territorio di Otranto; il “Parco naturale regionale Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase” che da Otranto scende fino a Santa Maria di Leuca; infine il “Parco naturale regionale Isola di Sant’Andrea e litorale di Punta Pizzo” a Gallipoli.

Alimini

Si ergono in pieno centro urbano, invece, ma si caratterizzano per una bellezza davvero naturale e non artefatta, i monumenti del Salento, soprattutto quelli sulla strada del Barocco, il celebre stile architettonico e artistico del 1600 che fu “salentinizzato” dagli architetti Giuseppe Cino e Giuseppe Zimbalo, oltre che dalla speciale fusione con la pietra calcarea leccese. I maggiori esemplari barocchi si osservano a Lecce (la basilica di Santa Croce, il Palazzo dei Celestini, il Duomo e altre chiesette), ma la stessa strada artistica è calpestata anche dalla Cattedrale di Sant’Agata a Gallipoli, la guglia dell’Immacolata a Nardò; la chiesa del Crocefisso a Galatone; l’ex convento degli Agostiniani a Melpignano, e da tanti altri monumenti “pellegrini” del Salento.

Piazza Duomo - Lecce - Puglia - Italia

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